Il Crepuscolo di un comandante senza esercito

Sotto un cielo in tempesta, dove i fulmini danzano al ritmo della follia, si erge solitario un comandante, emblema vivente di ostinazione e ambizione sfrenata. Con lo sguardo ardente di chi ha scelto la distruzione come compagna fedele, si prepara a varcare la soglia dell’irreparabile, ben conscio del tradimento silenzioso che serpeggia nelle sue fila.

De profundis, dall’abisso più oscuro dell’anima, si leva il grido di una creatura angelica che ha respinto il pentimento come si respinge un nemico. “Avanti!”, comanda con voce che è tuono, a una squadra sempre più riluttante, testimone inorridita di una discesa senza fine nell’abiezione.

Le sue sono mani che non tremano, occhi che non piangono, un cuore che non conosce rimorso. “Più follia!”, esclama, e la sua follia è un fuoco che consuma ogni briciolo di ragione rimasto. “Più cattiveria!”, e la sua cattiveria è un abisso che inghiotte ogni luce di bene. Sa di avere poco tempo, sa che le risorse scarseggiano, ma nella sua mente distorta, ciò è solo un accelerante per il suo ardore distruttivo.

Non cerca scuse, non invoca giustificazioni. La sua è la via del caos, una scelta deliberata verso l’annientamento. Come un arciere che tende l’arco sapendo che la freccia porterà solo distruzione, così mira ai suoi obiettivi con precisione maligna. Ogni suo ordine è un colpo al cuore dell’umanità e dell’intero creato, ogni sua strategia, un labirinto di dolore e disperazione.

Intorno a lui, la squadra vacilla, divisa tra il dovere e l’orrore, testimone impotente di un’autodistruzione annunciata. Eppure, il comandante non cede. In lui, il desiderio di potere brucia più forte del bisogno di accettazione, la sete di vittoria eclissa il timore della solitudine.

De profundis, nel profondo dell’abisso, la sua figura si staglia come un monito, un simbolo oscuro di ciò che accade quando l’ambizione sfugge al controllo, quando la leadership si trasforma in tirannia. Senza rimpianti, avanza verso il crepuscolo dei suoi giorni, un re senza regno, un comandante senza esercito, ma mai senza la sua fiamma interiore, quella scintilla perversa che lo spinge a sfidare l’Onnipotente.

E così, nell’ultima pagina di una storia scritta con inchiostro di follia, il comandante stolto si avvicina al suo crepuscolo, non con passi timidi di chi cerca perdono, ma con la marcia trionfale di chi ha scelto di abbracciare il suo abisso fino all’ultimo, fatale respiro.