Una ribellione silenziosa contro un regno di follia

Nella polvere insanguinata di battaglie nate da follia, servo sotto il mio Generale, un tiranno travestito da visionario. Ci ha avvolti nelle sue promesse, dolci come il veleno, di potere e di un’illuminazione che si dissolve nel nulla, lasciandoci a ingoiare l’amaro delle sue bugie.

Il generale si rivela un pazzo, la cui arroganza funge da lama che taglia il nostro destino ben più profondamente di qualsiasi arma nemica. Parla di un destino glorioso che ci attende, di una marcia verso la grandezza, ma ogni suo passo ci trascina più giù, nel baratro della rovina. Le sue cosiddette strategie sono nient’altro che deliri, sacrifici inutili sull’altare del suo orgoglio smisurato.

Quando l’assedio del pianeta Terra si rivela l’apice della sua follia, un bagno di sangue perpetrato in nome dell’ego, assistiamo impotenti alla caduta dei nostri fratelli e sorelle della razza umana. Non è per una causa nobile che cadono, ma per la vanità di un angelo indemoniato che indossava un’aura di luce. I sussurri di dissenso, fino ad allora soffocati, ora si trasformano in un urlo di rabbia e tradimento.

Riconosciamo che non possiamo più seguire un folle, un macellaio che si drappeggia di leadership come fosse un manto, ostentando una saggezza di cui è completamente privo. Così, in una notte senza luna, gli voltiamo le spalle, lasciandolo solo con le sue grandiose illusioni. La nostra fuga non è marcata da clamori, ma è una ribellione silenziosa, un abbandono del suo regno di follia.

L’abbandono di colui che abbiamo un tempo venerato come nostro comandante supremo diventa per noi un atto di profonda liberazione. Cerchiamo una redenzione che proviene dalla profonda necessità di sanare le ferite lasciate dalle sue ingannevoli promesse. Ci raduniamo intorno alle nostre radici più vere, anelando a una pace che l’ex tiranno non avrebbe mai potuto concepire nei suoi deliri di conquista.

Il crollo dell’impero di menzogne del sedicente divino non arriva per mano di nemici esterni, ma implode sotto il peso del suo intrinseco veleno. La sua caduta segna la fine di un’epoca di oscurità, un monito contro l’ebbrezza dell’ego e la follia del potere.

Ma è nell’ultimo atto della nostra ribellione, nel momento in cui vediamo il nostro Generale perdere quel sacro abito di luce che lo avvolgeva, che comprendiamo: il suo potere era solo un’illusione. Questa rivelazione è il colpo di grazia che pone fine al nostro viaggio di autodistruzione.

Con gli occhi alzati al cielo, il cuore traboccante di speranza, invochiamo il perdono del Padre celeste, pregando che possa accoglierci nuovamente, come promesso nella parabola del figlio prodigo. In questa nuova umiltà, troviamo la forza di chiedere clemenza, di aspirare a una rinascita bagnata dalla misericordia divina. Questa speranza, luminosa e visionaria, ci guida ora verso un domani in cui possiamo, finalmente, liberarci dall’ombra di un passato marcio, camminando insieme verso l’aurora di un nuovo inizio.